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GLI ANARCHICI DEL PALLONE

Aggiornamento: 4 apr

“Quel poco che so della morale l’ho appreso sui campi di calcio e le scene di teatro – le mie vere università” - Albert Camus.
A sinistra - Photo credit Daniele Segre (Ragazzi di Stadio). A destra Boban in Stella Rossa - Dinamo Zagabria - Photo credit Renato Brandjolica
A sinistra - Photo credit Daniele Segre (Ragazzi di Stadio). A destra Boban in Stella Rossa - Dinamo Zagabria - Photo credit Renato Brandjolica

Ho un amico napoletano che è un genio. Un genio totale. Siamo a Roma, Monteverde, il caffè tra le mani, il sole che accarezza i muri delle case. Io, come sempre, lo annoio con le mie elucubrazioni: l’iperspecializzazione del mondo moderno, la tecnica che possiede ogni nostro respiro, la vitalità che ci scivola addosso come una camicia troppo larga, etc, etc.


Bruno ha i suoi ricci scuri, gli occhi verdi, un po' allungati, che sembrano inventati per ispirare simpatia. E poi delle spalle larghe, che portano il peso di qualcosa che non vuole dire al mondo.


Mi ascolta, o forse no. Lascia che le parole lo tocchino appena, come la brezza primaverile. Mi asseconda sempre, adagiandosi comodamente su ciò che dichiaro. Non lo fa per convenzione, ma per gioco. Per far passare il tempo, per rincorrerlo senza acciuffarlo mai, per infiammarsi, credendo alle mie idee giusto per qualche attimo, facendole sue per un giorno o forse due. Poi dimentica tutto, tornando alle cose che contano davvero. Quali? Non l’ho mai capito. Ride. Spara sentenze definitive, assolutorie, brillanti. Geniali, anche se neanche lui le prende troppo sul serio. Insomma, Bruno è un idiota di prima categoria. Come tutti i miei più cari amici.

Lo sa, e questo lo rende fenomenale.


“Bruno, ma lo capisci? Ci tengono per le palle, ci fanno specializzare in mansioni concrete, routinarie, alienanti. Siamo macchine, cazzo, macchine con funzionalità specifiche. Non possiamo sbagliare, non possiamo spaziare. Incasellati, ci costruiamo la nostra gabbia e la nostra tomba. La vita ci sfugge. Ma non solo. In questo modo, con il saper fare una cosa e basta, perdiamo tutto. Non abbiamo più capacità di negoziare. Con le aziende, con chiunque. Siamo costretti ad accettare salari di merda, perché la sola cosa che sappiamo fare, la sanno fare in troppi. E poi ci licenziano. E a cinquant’anni, chi si reinventa? Con quale forza? Ci spremono, Bruno, e alla fine ci fottono pure.”


    Diego Armando Maradona (Photo credit Josè Luis Ledesma - The Joy of Life)
Diego Armando Maradona (Photo credit Josè Luis Ledesma - The Joy of Life)

“Ma hai ragione. Sì, sì, hai completamente ragione." Gli si illuminano gli occhi. "Macchine siamo, non possiamo più neanche sbagliare. Pensa a me, pensa a me." Parla con il suo solito modo teatrale, quel modo che prende in giro un po' tutti: me, lui, il mondo intero. Oggi, però, lo vedo più concentrato, come se avessi toccato qualcosa che gli appartiene veramente. "Pensa a me," ripete, più concitato. "Se non avessi dimenticato di mettere la cintura, non sarei qui!" Scoppia a ridere. "Un errore mi ha salvato. Un errore! Oggi nessuno valorizza lo sbaglio, l’imperfezione. È tutto macchinoso, tutto così… prestabilito.”


Bruno venti giorni fa, in piena notte, si è schiantato con la su Smart. La cintura slacciata gli ha consentito di volare fuori dal finestrino mentre la macchina si cappottava. Qualche costola incrinata, un paio di abrasioni, e se l’è cavata. Come ho già detto: un idiota totale.

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Prosegue sempre più deciso: “Francesco, l’uomo universale. Hai presente? L’uomo universale di Goethe è morto. Svanito, finito. "La vita non esiste più, ci scivola di dosso," ripete, prendendo le mie parole e avvolgendole nel suo eloquio frenetico. "Macchine siamo. Schiavi di un fare identico e ripetuto. Dov’è la magia? Dove sta l’improvvisazione?" Si ferma un attimo, come a cercare qualcosa nell’aria, poi si accende di nuovo. "A Francè, addò stann' 'e numer' 10? Questo calcio non li vuole più. Sono in via di estinzione: oggi contano i muscoli, i dati, le statistiche. I chilometri corsi, i passaggi completati.  O meglio ancora, i passaggi errati, le giocate sprecate, i km non corsi. Un giocatore che non difende, che sbaglia tutto per novanta minuti e poi, con due lampi, ti risolve la partita... non lo cerca più nessuno. Non c’è spazio per uomini che non conoscono regole, che sono ovunque e da nessuna parte, che sono tutto e non sono niente. Totti, Ronaldinho, Baggio. Platini, Cassano, Riquelme. Anche lui, il più grande di tutti i tempi. Diego Armando Maradona. Li stiamo cancellando in nome di una efficienza che distrugge tutto, anche l’amore.


Resto in silenzio per un po’. Guardo Bruno e mi compiaccio di avere un amico capace di fare collegamenti così iperbolici. Ma ha ragione. Glielo dico. Faccio quello che solitamente fa lui con me. Lo assecondo. “Non c’è più poesia nel mondo del calcio. Solo tattica e record da infrangere. La logica dell’accumulo ha rapito anche il pallone.” Non mi sente. È un fiume in piena.

“Ma ti ricordi Dinho che faceva? No, no, davvero: te lo ricordi, sì o no? Quello di Milanello era forte, certo. Scherzava col pallone e ci faceva divertire. Ma io parlo dell’altro, quel Ronaldinho. Quello che al Chelsea fece quel gol lì. Tu lo sai di quale parlo. Era fermo, immobile. Circondato dai difensori, come un toro nell’arena. E che fa? Tac. Danza, Francè. Danza! Una finta, due, ed era immobile. Movimento di bacino, estro, amore inconfondibile. E la piazza lì, nella rete, come per magia.

    Diego Armando Maradona (Photo credit Josè Luis Ledesma - The Joy of Life)
Diego Armando Maradona (Photo credit Josè Luis Ledesma - The Joy of Life)

Bruno alza le mani, come a invocare il cielo. “Quello non era un gol. Era una poesia. E sai perché? Perché era imprevedibile. Nessun allenamento, nessuna statistica, nessuna macchina lo avrebbe mai immaginato. Era un attimo di follia, di genialità, di arte. Arte, Francè. Non è questo che manca oggi? Non è questo che ci tolgono?”

Io annuisco, perché non saprei fare altrimenti. E lui continua, sempre più convinto, quasi gridando. “Tu guarda il calcio di oggi: tattica, pressing, recupero palla alto, zone, transizioni rapide. Tutto giusto, eh, tutto funziona. Ma dove stanno le giocate? Dove stanno i lampi di genio, le invenzioni? Lì, in quel gol, c’era tutto: il teatro, la tragedia, l’improvvisazione. Ronaldinho era un attore. Noi, sugli spalti o davanti alla TV, il pubblico. E oggi? Che spettacolo ci danno? Numeri, statistiche, chilometri. I giocatori non giocano più. Producono.  Consumano il campo e se stessi. E noi? Ci consumiamo a guardarli.”

Bruno si ferma, ma solo per riprendere fiato. “E non è solo il calcio, Francè. È tutto. La vita è così, oggi. Tutto deve funzionare, tutto deve essere calcolato. Non ci sono più Ronaldinho in giro. Non ci sono più gesti folli, inutili, ma bellissimi. Nessuno rischia più. Perché? Perché ci hanno convinto che il rischio è sbagliato, che il fallimento è una colpa. Ma non capiscono che il fallimento è tutto, Francè.  L’uomo è un fallimento. Un dio che non è mai nato. Un miserabile totale.  È lì che nascono i gol che ti fanno alzare dalla sedia e gridare: ‘Ma che cazzo ha fatto?!’.”

Photo credit Daniele Segre - Ragazzi di stadio (1979)
Photo credit Daniele Segre - Ragazzi di stadio (1979)

“Hai ragione,” dico. “Dovresti scriverci. È un punto brillante! Il fallimento è il preludio della natura eroica di tutta l’umanità, e noi lo stiamo dimenticando. Il calcio non è altro che un linguaggio universale, un’epica moderna. Ma gli attori, gli eroi che comunicano più di tutti, gli anarchici del pallone, sono stati ridotti a perfezioni statistiche.


“Quante gioie negate, Francè. Nella vita, nel pallone, nell’amore! Quanti uomini, dal talento incommensurabile, indisciplinato, si ritroveranno col pallone tra i piedi, a palleggiare soli, e a domandarsi:


E MO'?

CON TUTTO QUESTO TALENTO?

CON TUTTA QUESTA VITA?

CHE CI FACCIO?"

A sinistra - Diego Armando Maradona (Photo credit Josè Luis Ledesma - The Joy of Life). A destra The Football Anarchists (Gli Anarchici del pallone).
A sinistra - Diego Armando Maradona (Photo credit Josè Luis Ledesma - The Joy of Life). A destra The Football Anarchists (Gli Anarchici del pallone).


5 Comments


Molto amore

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In fondo, come gli anarchici del pallone vincevano partite, gli eroi vincevano guerre e battaglie...

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Con tutta questa vita e questo talento fai … l’idiot 😉

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p.grassi
Feb 19

Sembra Soriano

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Un po' Soriano, un po' Fontanarrosa.... Bello. Il goleador non è solo il miglior poeta dell'anno - per dirla con Pasolini - ma anche il più fine dei filosofi.

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